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Home CRONACA

I giovani sognano la divisa, e non lo fanno per lo stipendio…

Redazione by Redazione
29 Maggio 2020
in CRONACA
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Polizia. Concorso Agenti, Tar invia atti a Corte Costituzionale
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I giovani italiani sognano la divisa. La carriera militare attrae un ragazzo su 4. È quanto emerge dal monitoraggio dal titolo “Osservatorio Professioni in Divisa” elaborato da Skuola.net in collaborazione con Nissolino Corsi giunto alla terza edizione e realizzato con la partecipazione di oltre 50mila studenti di scuole superiori e università. L’indagine rivela che è in crescita, ora al 39 per cento del totale, il numero dei giovani interessati a una carriera nelle Forze Armate o in Polizia di Stato.

Per 39 ragazzi su 100 la carriera militare sarebbe la prima opzione per l’immediato futuro e non un semplice interesse di massima. Il livello di gradimento per l’impiego in divisa, viene specificato, è probabilmente dovuto anche al ruolo svolto dalle varie Forze nella recente emergenza sanitaria. La crescita è significativa rispetto al 2019, quando a mostrarsi interessato alla strada militare era stato circa 1 giovane su 3 (ed era la prima scelta per il 35 per cento degli intervistati).

L’identikit delle reclute

Dal monitoraggio arriva anche un identikit delle aspiranti reclute, che – spiegano da Skuola.net – risultano consapevoli della difficoltà del percorso, disponibili a stare lontani da casa e dagli affetti, si preparano già rifacendosi il letto da soli e ordinando la propria camera, ma avrebbero qualche problema con attività fisica intensa, regole e disciplina.

Per quanto riguarda poi le ragioni che portano tanti giovani sulla via di una vita in divisa, al primo posto c’è la funzione sociale che le Forze dell’Ordine incarnano. Tra i ragazzi che vorrebbero provare a entrare in una delle varie Forze in divisa, uno su 4 lo farebbe soprattutto perché spinto dall’importanza dei valori di cui ci si fa portatori, mentre il 17 per cento per il tipo di lavoro svolto, al servizio della gente. Solamente 1 su 10 si dice interessato allo stipendio fisso o alla stabilità lavorativa garantita. Da non sottovalutare un 5 per cento che lo farebbe per continuare la tradizione di famiglia.

A confermare questa lettura sono anche le risposte date da chi, invece, si è detto non interessato dalla carriera militare: appena il 7 per cento non approva l’operato delle forze dell’ordine, gli altri la scartano per ragioni strettamente personali, legate al carattere o ai progetti per l’avvenire. Nel complesso, il 70 per cento della Generazione Z dimostra di avere un atteggiamento positivo nei confronti delle Forze Armate e di Polizia.

I giovani, la divisa e le regole

E anche i genitori, in larga parte (grossomodo 2 su 3), appoggerebbero un figlio che volesse intraprendere questa strada, ma per alcuni solo a patto che la professione intrapresa non sia troppo a rischio.

Il monitoraggio fa luce anche sulla capacità dei giovani di calarsi in una quotidianità scandita da regole, indubbiamente impegnativa. Il quadro che emerge è confortante. Solo 6 su 10 pensano di essere già pronti per affrontare un addestramento ferreo ma più di 8 su 10 sono consapevoli che non c’è alternativa: la formazione militare è dura e bisogna sottostare all’autorità dei superiori; sapendo già che non faranno sconti. Solo il 17 per cento spera nella loro comprensione.

Le aspiranti ‘divise’ immaginino l’esperienza addirittura più provante di quello che effettivamente è. Lo si evince dalle risposte fornite ad alcune domande poste per indagare sul livello di conoscenza dei vari momenti della giornata di un allievo di Scuole e Accademie delle Forze Armate e di Polizia. A partire dagli orari. Solo il 31 per cento ha un’idea dell’orario tipico della sveglia, puntata alle 6.30. Molti meno, appena il 9 per cento, sono quelli che individuano correttamente nelle 23 il momento di coricarsi. Lo stesso per il tempo destinato all’igiene personale e alla vestizione: solo 1 su 4 azzecca la risposta esatta, quasi dappertutto è circa 30 minuti.

Le nuove abitudini

Altra questione è il radicale cambio di abitudini che attende i giovani una volta varcato quel cancello. Sulla carta ci sono tutte le motivazioni a sostenere la vita militare. Il 58 per cento non avrebbe problemi a dividere la stessa stanza con degli sconosciuti, il 36 per cento si sentirebbe inizialmente a disagio ma assicura di poter superare presto l’imbarazzo.

Più complicato, ma ugualmente fattibile, è la condivisione dei servizi igienici: il 46 per cento si dice pronto, il 43 per cento avrebbe bisogno di tempo per abituarsi, solo l’11 per cento non ce la farebbe proprio. Per quanto riguarda l’obbligo di rifarsi il letto da soli e tenere in ordine le proprie cose, 3 su 4 dicono di farlo già ora.

Sensazioni non esaltanti sul fronte attività fisica: solo il 29 per cento si considera sufficientemente allenato per sopportare qualsiasi carico di lavoro, per il 50 per cento dei giovani invece la tenuta dipende dal tipo di sforzo richiesto. Il 21 per cento non crede di resistere a un’attività fisica prolungata e quotidiana.

Sembra altalenante l’approccio alle regole sulla libera uscita: una ragazzo su 3 sa correttamente che è concesso uscire solo di sera, per massimo due ore, e per andare a trovare la famiglia ogni 15 giorni, salvo ordine contrario. Ma 1 su 4 pensa che queste finestre siano sacrosante e che niente e nessuno le possa negare e il 14 per cento crede di poterlo fare ogni volta che vuole. A influenzare le loro risposte, forse, la voce del cuore: metà di loro, infatti, è dubbioso sul fatto di poter restare lontano da casa per settimane.

Ma il vero aspetto sui cui dovrebbero realmente lavorare i ragazzi che si vogliono avvicinare alle carriere in divisa è quello disciplinare. Per qualcuno sarebbe il caso di smussare qualche angolo del proprio carattere. Uno su 2 tra gli intervistati ancora non è in grado di subire rimproveri e punizioni senza reagire: il 41 per cento dice che solo col tempo imparerebbe, l’11 per cento tenderebbe a reagire o replicare puntualmente. E solo la metà, il 50 per cento, si sente pronta a ubbidire sempre agli ordini che vengono dall’alto; il 33 per cento lo farebbe solo se li reputasse sensati, il 12 per cento proverebbe a fare solo le scelte che ritiene più giuste.

Infine, l’obbligo di doversi separare per molte ore dal loro amico più fidato, lo smartphone. Circa 1 su 10 pensa di non farcela e un altro 42 per cento avrebbe bisogno di un periodo di ambientamento per digerire questa prescrizione. Tutto sommato, però, la base di partenza, sottolineano gli autori, sembra quella giusta.

fonte TPI

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